mercoledì 24 Aprile 2024

CHIESA SANTA MARIA - VERGIATE

Tra le più antiche di Vergiate, S. Maria doveva essere la chiesa del castello medievale, ancor oggi stretta tra le case del nucleo abitato. Citata nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani della fine del sec. XIII (“Varegiate. ecclesia sancte marie”), fu beneficiata nel 1383 da un lascito testamentario di Antonio Daverio che la dotò di cospicui beni, legandola come il castello sempre più alla nobile famiglia dei Daverio.

Nel Quattrocento S. Maria era a uso della popolazione di Vergiate alta, rispetto a S. Martino, utilizzata dagli abitanti di Vergiate bassa. Alla visita pastorale dell’arcivescovo cardinal Carlo Borromeo del 1570 si trova la chiesa nelle dimensioni e forme corrispondenti a quelle attuali, dall’aspetto tre-quattrocentesco con unica navata, presbiterio rettangolare voltato a crociera e aperto da un arcone in mattone a sesto acuto, sacrestia sul lato sinistro del presbiterio. Nel 1581 viene scelta come luogo di sepoltura di Leandro Visconti e della moglie Leonora Castiglioni, come ricorda una lapide murata in chiesa, e ancora l’acquasantiera in pietra con il biscione visconteo e le iniziali LV stanno forse a ricordare Leandro Visconti.

Gli atti di visita del 1596 riportano che la chiesa era dedicata alla Beata Vergine Maria Assunta e la cappella absidale, antica, rivolta a oriente, è in parte affrescata e in parte intonacata, evidentemente gli affreschi ora nascosti dal quadro settecentesco della Madonna, rappresentanti l’ascensione della Vergine, erano già presenti e quindi le pareti erano “in parte dipinte”; inoltre nella parte superiore è un portico soffittato dove sono ospitati gli scolari “disciplinati”: in effetti nella chiesa di S. Maria aveva sede la Scuola dei disciplini, confraternita caritatevole che in quell’anno contava 28 scolari.

Certamente al Settecento è da ascrivere il rifacimento dell’altare, in marmi policromi con cornice in marmo nero che inquadra una tela settecentesca dell’Assunta tra angeli e corolle di fiori; sopra è lo stemma, sempre in marmo, dei Daverio, mentre il paliotto, di fine Settecento, è in scagliola, tripartito, con al centro il monogramma di Maria Assunta. Dietro l’altare è nascosto un affresco parietale, cinquecentesco, di scuola lombarda, con la scena dell’Assunzione della Vergine, del quale si individua oggi, spostando la tela, solo la parte bassa con gli apostoli attorno al sepolcro della Vergine ascesa al cielo, questa non più visibile perché coperta dalla cornice marmorea dell’altare. A lato e sopra l’arcone del presbiterio sono due statue della Vergine e di san Giovanni evangelista e un crocifisso seicenteschi (copie), forse provenienti dall’antica chiesa di S. Martino.

CHIESA SAN GALLO - VERGIATE

L’antico oratorio di S. Gallo, in territorio vergiatese sulla strada che porta a Cimbro, sorge sul sito di una villa rustica romana, frequentata tra il I sec. d.C. e gli inizi del sec. IV. La chiesa, documentata alla fine del sec. XIII (“In plebe soma. loco varegiate. ecclesia sancti galli”) è stata più volte messa in relazione con il cenobio oltramontano di S. Gallo, con un riferimento a decime relative all’oratorio vergiatese del 1253. Certo è la rarità della dedicazione, riscontrabile nel medioevo in tutta la diocesi di Milano solo in tre chiese: a Vergiate, Ispra e Montegrino, tutte in area verbanese.

Scarsa è comunque la documentazione scritta relativa a questa chiesa e pressoché muti sono i resoconti delle visite pastorali fatte a Vergiate nei sec. XVI-XVIII, se non per sporadici accenni (1583, 1586). Una data incisa su una pietra della facciata – 1685 – presuppone alcuni lavori di riassetto dell’edificio in quell’anno, ma non abbiamo riscontri documentari. Rimarchevole e più volte citata dagli storici dell’arte è l’antichità dell’edificio, che mantiene la struttura a unica navata monoabsidata, purtroppo pesantemente alterato da un improvvido intervento restaurativo alla metà degli anni Ottanta che ne impedisce ora una corretta lettura dell’apparecchiatura muraria originaria.

La particolarità dell’abside aiuta a datare la chiesa tra la fine del sec. IX e la metà del sec. X, soprattutto per la primitività delle aperture: al centro della muratura si apre una esigua monofora centinata, dove l’arco è costituito da un coppo reimpiegato, le cui misure e il cui impianto rivelano segni di una certa arcaicità, mentre più recente, circa sec. XI, è la seconda monofora, con ghiera in cotto, simile ad altri esempi in S. Donato e S. Vincenzo di Sesto Calende.

Scarsi sono invece gli interventi critici sulle decorazioni parietali, seppur già nel 1784 il Campana sottolineava la presenza di pitture al suo interno. Tutta la parte absidale presenta oggi affreschi in parte rovinati, benché restaurati, dettati da uno schema iconografico stereotipato. Al centro del catino è la mandorla con la Majestas Domini, affiancata dai simboli degli evangelisti; in un riquadro discendente, all’altezza dell’altare, è una sbiadita figura della Madonna in trono. Nella parte inferiore, su fondo bianco, è dipinto e graffito uno spartito musicale con note e versi in lettere gotiche ancora da interpretare, intramezzato dal simbolo di Cristo fiammato.

Nell’arco trionfale è una consueta annunciazione, a sinistra l’angelo annunziante con giglio, a destra la Madonna, incorniciati in alto da un elaborato motivo a dentello gotico. Altri affreschi sono presenti sulla parete settentrionale conclusi in due distinti riquadri. A destra una crocifissione con la Vergine e san Giovanni oranti, mentre a sinistra è uno scomparto a elle, piuttosto rovinato. Si riconoscono due figure di santi con abito monacale in piedi: quello di sinistra in una mano regge un mondo e nell’altra un libro aperto, il santo monaco di destra tiene invece nelle mani un libro chiuso e un crocifisso; ai loro piedi due tiare vescovili e due abati inginocchiati in preghiera.

Questo affresco potrebbe essere legato all’iconografia sangallese, con le figure di san Gallo e san Colombano in piedi, i due abati dell’abbazia transalpina in ginocchio e le due tiare a terra a rappresentare le due rinunce fatte da san Gallo al vescovato di Costanza. Gli affreschi del S. Gallo di Vergiate, contraddistinti da un cromatismo dominato dal verde, ocra, rosso e giallo, rispettano una iconografia abbastanza consueta e ripetitiva, salvo il riquadro “sangallese” di un certo interesse per la sua originalità, e comunque tutti ascrivibili all’ultimo quarto del Quattrocento.